L’Autonomia nell’alimentazione come fattore prognostico favorevole nei pazienti anziani. Considerazioni generali e osservazioni personali relative a pazienti con demenza senile.
Nell’assessment globale dell’anziano, l’alimentazione assume un ruolo rilevante stante l’importanza della nutrizione per il mantenimento dello stato di salute e per il recupero da malattie o da interventi chirurgici, soprattutto nella popolazione anziana, in cui situazioni particolari come la depressione o le patologie croniche possono portare ad una diminuita introduzione di nutrienti.
L’invecchiamento comporta diminuzione del metabolismo basale e del fabbisogno energetico giornaliero; modificazione dei compartimenti corporei, con riduzione della massa “magra” (e dell’acqua totale) e aumento della massa “grassa”; riduzione delle capacità di digestione e di assorbimento dei micro nutrienti e perdita di calcio nonché frequente perdita di autonomia negli atti di vita quotidiana compresa, nelle fasi avanzate, nell’alimentazione, cosa che complica e aggrava di per sé lo stesso stato nutrizionale.
L’invecchiamento comporta diminuzione del metabolismo basale e del fabbisogno energetico giornaliero; modificazione dei compartimenti corporei, con riduzione della massa “magra” (e dell’acqua totale) e aumento della massa “grassa”; riduzione delle capacità di digestione e di assorbimento dei micro nutrienti e perdita di calcio nonché frequente perdita di autonomia negli atti di vita quotidiana compresa, nelle fasi avanzate, nell’alimentazione, cosa che complica e aggrava di per sé lo stesso stato nutrizionale.
Per “malnutrizione” l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce «lo squilibrio cellulare tra apporto di nutrienti e di energia e la quantità di questi necessaria al corpo per garantire la crescita, la manutenzione, e le funzioni specifiche dell’organismo». Essenzialmente, la malnutrizione si verifica quando il corpo non riceve abbastanza energia o nutrienti essenziali per mantenere i tessuti sani e la funzione d’organo.
Studi su anziani ospedalizzati in reparti medici, chirurgici e geriatrici, hanno mostrato che una percentuale dal 12 al 50% ha una malnutrizione calorico-proteica; secondo altre ricerche il 30% dei pazienti psico-geriatrici istituzionalizzati mostra segni di malnutrizione e solo il 4% di obesità. La malnutrizione è presente in circa il 50% dei dementi istituzionalizzati: essa è di tipo energetico, manifestata come perdita di peso e riduzione del tessuto adiposo. Tale stato carenziale è attribuibile in parte anche a ubiquitarie difficoltà tecniche da parte dello staff assistenziale ad alimentare il paziente e al breve lasso di tempo riservato ai pasti, soprattutto per quei soggetti con demenza severa che dipendono per la loro alimentazione dall’aiuto esterno, dovendo essere imboccati.
Scarsa è, invece, la valutazione dello stato nutrizionale e dell’autonomianell’alimentazione nelle strutture sanitarie (talora anche in quelle di tipo geriatrico) mentre i rischi nutrizionali presentati dai pazienti geriatrici fragili possono essere influenzati da svariati fattori, che vanno dalla presenza di personale non preparato o abituato a gestire dal punto di vista nutrizionale tali pazienti al tempo dedicato all’imboccamento, dalla monotonia dei menù al successivo scarso controllo dei reali consumi e delle modificazioni del peso corporeo.
La correlazione diretta tra tale malnutrizione e sopravvivenza, tra malnutrizione e capacità di recupero da malattie croniche riacutizzate o interventi chirurgici è da tempo nota, potendo rapidamente cambiare il destino di un Paziente, esponendolo a gravi complicazioni tra cui la riduzione delle risposte immunitarie, le lesioni da pressione, le infezioni, i ritardi della cicatrizzazione delle ferite, la riduzione della massa muscolari, l’insufficienza multiorganica nonché gli effetti a livello psichico e la globale riduzione della qualità di vita.
Tra le principali problematiche relative all’alimentazione del paziente anziano che possono alterare lo stato nutrizionale vi sono 2 importanti fattori di rischio, spesso poco considerati: la disfagia e la perdita di autonomia nell’alimentazione. Mentre la prima, potendosi frequentemente manifestare con episodi di soffocamento o con infezioni respiratorie, viene prima o poi individuata, nei confronti della perdita di autonomia viene spesso dedicata poca attenzione, manifestandosi questa con sintomi e con complicazioni poco eclatanti, venendo frequentemente gestita con il drastico passaggio ad un più rapido, ma potenzialmente pericoloso, imboccamento del paziente.
La figura seguente ci segnala come la capacità di alimentarsi autonomamente sia la prima capacità che si acquisisca e l’ultima che si perda nell’arco della vita, sottolineando come tale perdita rappresenti l’ultimo stadio della Malattia di Alzheimer e delle Demenze in generale, ultimo baluardo ancora a difesa del Paziente.
Venendo, in particolare, a trattare del ruolo svolto dall’autonomia dell’alimentazione, cominciamo col chiederci come si possa valutare tale autonomia.
In particolare possiamo ricorrere ad alcune Scale di valutazione, alcune che valutano la sola funzione “alimentazione” ed altre che la considerano all’interno dell’intero contesto dell’autonomia.
- Scala A.D.L.:
la Scala ADL (Atti della Vita Quotidiana), nota anche come Indice di Katz, è la più famosa scala di valutazione per l’autonomia funzionale. Vengono presi in considerazione 6 funzioni o abilità: fare il bagno, vestirsi, spostamenti, uso della toilette, continenza e alimentazione. Per ognuno di questi items esiste un punteggio di valutazione, compreso tra 1 e 3, ove il punteggio 1 indica totale autonomia nello svolgimento di tale funzione, il punteggio 2 indica lo svolgimento con aiuto e/o assistenza o supervisione, mentre il punteggio 3 indica la totale dipendenza nello svolgimento di tale funzione. Come intuitivo il punteggio totale è compreso tra 6 (massima autonomia globale) e 18 (totale dipendenza nelle ADL). Non esiste per questa scala un punteggio cut-off, ma il risultato può essere espresso in numero di Funzioni dipendenti o in gruppi di autonomia. Nel caso dell’alimentazione questo il significato dei singoli punteggi: punteggio 1, si alimenta da solo, senza assistenza; punteggio 2, si alimenta da solo eccetto che necessita di assistenza nel tagliare la carne o nello spalmare il burro sul pane; punteggio 3, riceve assistenza totale nell’alimentarsi o viene alimentato parzialmente o completamente per sondino o per via endovenosa.
- Scala Barthel:
anche la Scala Barthel investiga il livello di autonomia, prendendo in considerazione 10 items: alimentazione, abbigliamento, toilette personale, fare il bagno, controllo defecazione, controllo minzione, spostarsi dalla sedia al letto e ritornare, camminare in piano nonché salire o scendere le scale. Ad ognuno di essi viene attribuito un punteggio, a seconda del singolo item, compreso tra 0 (dipendente) e 10 o 15 (massima autonomia), ottenendosi un punteggio totale compreso tra 0 e 100. Nel caso dell’alimentazione, l’attribuzione del punteggio prevede 0 nel caso di totale dipendenza, 5 nel caso in cui la funzione avvenga con aiuto e 10 nel caso sia totalmente autonoma.
- Scala E.B.S.:
si tratta della Eating Behavioral Scale, il cui scopo è quello di misurare l’abilità dei pazienti geriatrici durante il pasto. La scala valuta sia gli aspetti cognitivi sia quelli motori e considera 6 differenti aspetti del pasto: 1) capacità di iniziare il pasto – 2) capacità di mantenere l’attenzione durante il pasto – 3) capacità di localizzare il cibo nei piatti – 4) uso appropriato delle posate – 5) masticazione e deglutizione senza disfagia – 6) capacità di terminare il pasto. La scala definisce vari livelli di autonomia del paziente e quindi risulta in grado di differenziare il livello di intervento assistenziale necessario. Ognuno dei 6 aspetti esaminati ha un punteggio da 0 (totalmente dipendente) a 3 (totalmente indipendente), per definire un totale compreso tra 0 (massimo livello di dipendenza) a 18 (massimo livello di autonomia), considerando quindi una proporzione diretta tra punteggio e livello di autonomia. Il punteggio cut-offè quello uguale o minore di 12. Malnutrizione, disfagia nonché altri outcome negativi in termini di salute sono stati dimostrati essere associati a bassi punteggio a questa scala.
- Scala Braden:
la scala Braden è una tra le più utilizzate scale di valutazione del rischio per lesioni da pressione. Personali ricerche ne hanno sottolineato la maggiore appropriatezza per i pazienti anziani fragili rispetto ad altre scale del rischio. Tale scala presenta 6 items di rischio per le lesioni e uno di questi è proprio rappresentato dall’alimentazione, valutata in questo caso sul piano quantitativo. Per ulteriori dati relativi a tale scala vedere il numero di ottobre 2015 di questa rivista.
- Scala M.N.A.:
si tratta del Mini Nutrition Assessment, il cui scopo è quello di individuare il rischio di malnutrizione. Tale scala è composta da 9 items di screening a cui se ne aggiungono altri 9 di approfondimento e completamento del test. Tra i primi 9 items ne individuiamo uno relativo all’autonomia motoria, mentre nei secondi 9 viene proprio valutata l’autonomia nell’alimentazione, con punteggio 0 se è totalmente dipendente, con punteggio 1 se avviene con aiuto e/o supervisione e infine con punteggio 2 se avviene autonomamente senza difficoltà. In tal modo anche la non autonomia nell’alimentazione concorre a definire lo stato di malnutrizione.
Altre Scale si occupano di valutare l’autonomia nell’alimentazione, ma queste appena descritte già da sole consentono di valutare tale autonomia e, soprattutto, di quantificare ruolo e gravità nell’ambito della malnutrizione e delle proprie complicazioni.
- Conclusioni di uno studio mostrano che:
Se ne conclude come l’Autonomia nell’Alimentazione rappresenti un fattore prognostico favorevole nei confronti dei pazienti geriatrici, specie di quelli fragili e dementi e di come, risultando tale funzione un fattore di rischio (in parte) modificabile, bisogna non solo condividere tale conclusione ma lavorare al fine di ridurre quella percentuale di pazienti assistiti come dipendenti nell’alimentazione (e quindi imboccati) ma che invece possono ancora essere, almeno parzialmente, autonomi. Sembrerà banale, ma la semplice riduzione di 1 punto allo specifico item della scala ADL permetterebbe di ridurre del 50% la mortalità.
Come fare operativamente? Tutti i manuali per Infermieri, Operatori Sanitari e Assistenziali che si occupano di anziani con demenza senile, nonché quelli rivolti a familiari e caregivers, le linee guida Nazionali e le D.G.R. Regionali in ambito sanitario e, in generale, la Letteratura scientifica, sottolineano i seguenti punti:
Nella fase iniziale della malattia è necessario consentire al paziente il massimo grado di autonomia, in quanto in questa fase di malattia il paziente conserva ancora delle abilità (anche manuali) che è in grado di usare e che deve poterlo continuare a fare, anche e soprattutto nel caso dell’alimentazione.
Nella fase intermedia di malattia, relativamente all’alimentazione, è importante essere presenti durante i pasti ma anche consentire che il paziente si alimenti in modo autonomo fino a quando possibile, valutando il sufficiente apporto idrico.
E’ preferibile far utilizzare il solo cucchiaio, mostrando come fare per utilizzarlo nei casi di difficoltà, ma per permettere al paziente di mangiare liberamente e autonomamente è possibile usare tovaglie di plastica, grembiule, posate con manici grossi, scodelle al posto di piatti fondi, bicchieri di plastica dura, tazze con beccuccio e manico. Con il cibo adatto può usare anche le mani.
Nelle fasi avanzate di malattia, allorquando il paziente è dipendente in tutti gli atti di vita quotidiana, si può ricorrere anche ad alcuni spuntini durante il giorno, consumabili anche con il semplice ricorso all’uso (autonomo) delle mani.
In generale, inoltre, visto che uno degli obiettivi principali della cura è quello di mantenere il più a lungo possibile le autonomie residue, quel che è importante per i Pazienti, non è il rispetto del galateo a tavola ma l’indipendenza: anche se il malato mangia con le mani o si sporca facilmente, non importa. Meglio che si sporchi un po’, che mangi con le mani o che ci metta del tempo in più rispetto a quanto ci metterebbe se lo aiutassimo, piuttosto che perdere del tutto la capacità di alimentarsi autonomamente.
La perdita dell’autonomia alimentare rappresenta uno dei principali fattori di rischio (modificabile) della malnutrizione per i pazienti ospedalizzati o inseriti in RSA e per la prevenzione della malnutrizione occorre, oltre che effettuare una valutazione funzionale e fornire un’alimentazione che contenga giuste proporzioni di elementi essenziali, stimolare il più possibile l’autonomia.
Gli interventi di sostegno durante il pasto vanno attuati solo se realmente indispensabili; fino a quando è in grado di farlo, bisogna dare al paziente la possibilità di alimentarsi da solo!
FONTE:http://www.medicalive.it
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