Le innovazioni della riabilitazione neuropsicologica 3.0
La riabilitazione neuropsicologica 3.0 è capace di creare ambienti virtuali che includono le rappresentazioni dei luoghi frequentati dal paziente.
Grazie ai progressi della tecnologia nasce la riabilitazione neuropsicologica 3.0, capace di creare ambienti virtuali, tridimensionali complessi e interattivi che includono le rappresentazioni degli svariati luoghi frequentati dal paziente. Questa nuova tecnologia disponibile ad un prezzo sempre più accessibile consente di ottenere un alto controllo degli stimoli attraverso le diverse modalità sensoriali.
La riabilitazione neuropsicologica rappresenta un approccio multidisciplinare che ha come obiettivo quello di migliorare le attività di vita di tutti i giorni dei pazienti con danno cerebrale. Grazie alla conoscenza del funzionamento del cervello è possibile sottoporre i soggetti a training riabilitativiche hanno la funzione di sostituire o compensare l’abilità perduta, contribuendo a migliorare la funzione cognitiva lesa. Sebbene l’entità del deficit sia valutato mediante test standardizzati, questo approccio ha dei limiti che riguardano la validità ecologica. Un altro metodo utilizzato è la ricostruzione di ambienti di vita quotidiana in cui far esercitare il paziente; anche questo approccio pone dei limiti che vanno dai costi economici al controllo sistemico dello stimolo reale.
Storia della riabilitazione neuropsicologica
La comprensione del funzionamento cerebrale può essere ricondotto agli antichi greci e romani, le cui teorizzazioni erano limitate alle credenze religiose e culturali del tempo. Una delle prime teorie influenti è stata quella proposta, nel XVIII secolo, da F. Gall sulla specificità delle funzioni cerebrali. Fu Broca a presentare un primo programma riabilitativo per un paziente con deficit di linguaggio. Successivamente Wernicke, dichiarò che la funzione del cervello è dipendente dall’interconnessione di regioni neurali; S. Franz si è concentrato sull’apprendimento di strategie compensative. Altri sviluppi si sono verificati durante e dopo la seconda guerra mondiale a causa delle ferite al cervello riportate dai soldati. Goldstein e Luria in questo periodo hanno lavorato sulla compensazione delle abilità perdute e sui metodi per modificare i comportamenti. Un contributo significativo fu dato da Zangwill (1947) con l’introduzione di tre procedure riabilitative: strategie di sostituzione, di compensazione e di ripristino della funzione danneggiata. Ad oggi le strategie e le tecniche di rieducazione cognitiva sono in continuo sviluppo e l’obiettivo è quello di superare alcune criticità metodologiche tra cui: l’eterogeneità dei disturbi, la durata e le capacità di recupero, il grado di disabilità ed eterogeneità delle misure e delle tecniche di intervento.
Training computerizzato
Sono stati sviluppati diversi training attentivi computerizzati che trattano tale deficit mediante un aumento graduale della difficoltà del compito. Uno studio ha mostrato l’efficacia della pratica assidua mediante tali software in bambini con ADHD, con miglioramenti di working memory spaziale, di inibizione della risposta e con la riduzione dei sintomi caratteristici del disturbo (inattenzione, iperattività e impulsività).
I metodi computerizzati si sono dimostrati efficaci sin dagli anni 80’ in pazienti con lesioni cognitive, demenza e schizofrenia. Generalmente il metodo consiste nel chiedere al paziente di dare delle risposte mediante una tastiera o un joystick in modo tale che essa venga immediatamente registrata; ciò permette la restituzione di un feedback in tempo reale, sul monitor, sull’efficienza della prestazione. Questo approccio ha evidenziato notevoli miglioramenti in questi pazienti nell’elaborazione attentiva dell’informazione. Ci sono discordanze sull’efficacia di training attentivi mirati, ad esempio, i risultati ottenuti da revisioni sommative hanno riportato un miglioramento moderato dell’attenzione in pazienti con lesione cerebrale traumatica di grado moderato-grave.
Uno studio di Brehmer e colleghi (2012) ha utilizzato un programma di riabilitazionebasato su videogiochi, “Cogmed”, praticato 30 minuti al giorno per 5 giorni, per 5 settimane, in un gruppo di adulti e anziani privi di lesioni cerebrali. I risultati hanno mostrato un miglioramento significativo nelle abilità di memoria di lavoro verbale e non verbale, attenzione sostenuta e nel self-report del funzionamento cognitivo. Non è stato dimostrato nessun miglioramento della memoria, del ragionamento non verbale e nella capacità di inibire la risposta.
FONTE:http://www.stateofmind.it/2017/09/riabilitazione-neuropsicologica-3-0/